Com’è deliziosa Venezia

L’arte, l’acqua, la storia, i ponti, i palazzi, i vaporetti, i tetti, le terrazze. Se la Serenissima sa ben corteggiare gli occhi, non dimentica certo di conquistare il palato. L’importante è non cedere al banale e ricercare l’eccezionale.

 

Non esiste un reale motivo per tornare a Venezia. Perché i motivi sono tanti e perché non si finisce mai di scoprirla, di sondarla e di lasciarsi ammaliare dalle acque scure e trafficate che tanto hanno da raccontare. La sua capacità di stregarci all’infinito – e in autunno ci riesce meglio che in altre stagioni – è inversamente proporzionale alla sua capacità di nutrire il turista distratto dalla sua bellezza. Ma se uno si vuole proprio concentrare sull’offerta food veneziana non può che ammettere il suo essere deludente, cara e poco trasparente. Accade quello che avviene in tutte le città turistiche, il conto varia, a seconda che a chiederlo sia il turista giapponese o un nativo della Laguna. Esauriti i buoni (e scarsi) indirizzi degli amici gourmet come il ristorante Al Covo, il Vecio Fritolin a Rialto e qualche trattoria in terraferma, conviene concedersi il piccolo lusso (non così distante da alcuni salassi ingiustificati) di un piatto d’autore. Per esempio, un breakfast al Danieli, forte di una nuova squadra e di una visuale unica che fece innamorare la Callas a vita, oppure un tè, accolti dalle braccia accoglienti di un cinque stelle extra lusso. L’ultima scoperta è Massimo Livan, executive chef dell’Antinoo’s Lounge & Restaurant, all’interno del Centurion Palace, nella zona Dorsoduro, tra Punta della Dogana e la Collezione Peggy Guggenheim. Un antico edificio conosciuto come Palazzo Genovese è stato trasformato in un gioiello della catena Sina Fine Italian Hotels. Visto da Canal Grande offre una facciata gotica, ma gli interni e le suite sono modernissimi, frutto della bravura dell’architetto fiorentino Guido Ciompi. Lo stesso duplice volto si può dire dello stile di Livan. Lo chef, nato nel sestiere Castello, ha sposato la tradizione veneziana rendendola contemporanea e più salutare grazie alla presenza di erbe, fiori e frutta. Un gioco di ingredienti che si intrecciano per ricongiungersi in un’armonia finale nel nome dell’italianità e dell’eleganza. Perché il suo credo in cucina è quello di “raggiungere l’equilibrio a tutti i costi”. Così, accanto al rombo in crosta di caffè con caprino e wasabi e alle pietanze più estrose convivono lo spaghetto alle vongole, le seppie al nero e gli scampi al saor, uno dei signature dish dello chef. “Un mix di piatti molto gradito dai nostri ospiti stranieri”, conferma il general manager Paolo Morra, “che speriamo possa attirare anche i veneziani più esigenti e affezionati alla tradizione”.

Ristorazione in Galleria. Non bastano le stelle

Proprio perché la Galleria, come ha scritto Roberta Schira sul Corriere, «resta ambita dai brand internazionali», e per la natura stessa del luogo (con i rinnovi delle concessioni), occorrerebbe tenere in considerazione tutti gli aspetti in una valutazione sul livello della cucina nei locali. In Galleria ci sono professionalità cresciute con l’esperienza di anni, aziende che garantiscono un servizio efficiente. Non penso che la Galleria debba essere solo una vetrina di lusso e stelle. La sua varietà, compresa la ristorazione di qualità fatta da aziende familiari, va preservata.

Atmosfere rètro tra arrosti e polenta nel Parco del Ticino. La mia recensione sul corriere

A Tavola

Nel cuore del Parco del Ticino, a due passi dal Naviglio Grande, da Lucrezia (via De Barzi, 11 Robecco sul Naviglio info al telefono 02 9470784) tutto sembra rimasto fermo a 50 anni fa. Un locale per cerimonie e banchetti fa storcere il naso ai gourmet, ma quanto è rassicurante. Una sfilza di antipasti, tortelloni, piatti di pesce e arrosti di carne. L’autunno regala i risotti, la polenta con porcini trifolati e, nascosta tra (tanti,troppi) piatti in carta, una commovente insalata russa di cui si è smarrita la memoria in qualche pranzo domenicale di famiglia. Con 25 euro si fa la classica «pacciada» veronelliana.

Là dove profumano i tartufi. Ristoranti, ma anche botteghe specializzate. E attenzione a quelli che arrivano dall’Est

«No, non glielo dico il mio cognome, mi conoscono come Rino il trifolaro di Lombardia. E basta così. Lo so che il tartufo d’Alba è il più conosciuto, ma le assicuro che ci sono terre con tartufi bianchi così profumati che deve girare la testa dall’altra parte». Vive a Tortona con due lagotti romagnoli dal pelo ispido e riccio, ma in autunno si sposta tra Lomellina, Oltrepò e Gavi. Ogni anno, consultando il suo quadernino segreto, va a caccia del dono della terra più prezioso al mondo. «I migliori crescono sotto i noccioli, per questo nelle Langhe ce ne sono tanti. Ma è buono anche il tartufo sotto la quercia ed è molto pregiato quello che nasce sotto i tigli, macchiato di rosso. Questo bitorzoluto? Viene da un terreno calcareo, il rotondetto da un terreno sabbioso, questo, ci scommetto una buona cena, tutti lo scambiano per un tartufo bianco d’Alba, invece viene da Savigno, sui colli bolognesi, dove è in corso la festa del tartufo: ci vada e si renderà conto». A saziare la voglia di tartufo dei milanesi concorrono tante regioni, oltre al Piemonte: Lombardia, Emilia, Toscana, Marche e (ma senza dirlo) Paesi dell’est. Chi si vuole togliere la voglia di tartufo, ha più scelte. Sedersi nel ristorante preferito e ordinare un piatto che ne preveda una grattatina, eseguita al tavolo. Comprarlo da Tartufi Urbani (via Anfossi 13) o nei ristoranti-botteghe nati negli ultimi due anni proprio per celebrarlo. Il più noto, con quattro vetrine in corso Venezia 18, è Tartufi&Friends di Alberto Sermoneta. Assoluta novità è Procacci, nome che i fiorentini conoscono bene: da poco apre in corso Garibaldi 79 con i profumatissimi paninetti farciti di crema tartufata. Lo storico brand è della blasonata famiglia dei vini, Antinori. Oltre ai panini, piatti con tartufo, dai tagliolini alle carni. Il terzo paradiso esclusivamente impostato sul fungo ipogeo è Tartufotto (via Cusani 8), della famiglia toscana Savini: più che per la cucina, corretta, funziona per creme e preparati al tartufo. Un trucco per riconoscere il tartufo di qualità? Se in un ristorante arriva un piatto con tartufo al tavolo vicino e tu non senti il profumo (che è tutto), sappi che ti daranno una fregatura.

Trippa, risotto e taglieri di qualità alla taverna Ciccus. La mia recensione sul corriere

A tavola

Ciccus, in via Canonica 13 (tel. 02.39439188), è un locale sullo stile «taberna» romana con tanto di mattoni a vista, prosciutti e trecce d’aglio che pendono dal soffitto. Un format lombardo che dall’estate è anche milanese. Ogni giorno propone un paio di primi caldi, come gnocchi, trippa o un risotto, ma il punto di forza sono i taglieri di salumi e formaggi di buona e varia provenienza, per lo più italiana. Crudo di Sauris, cotto del Cremonese, porchetta, pecorini e qualche dessert, luogo ideale per chi ama i vini al bicchiere e cerca qualcosa da stuzzicare la notte (chiude alle 2). Taglieri da e 10.

Il decimo Bancarella della Cucina a Joe Bastianich con «Giuseppino»

Si è conclusa domenica scorsa al «Teatro della Rosa» di Pontremoli con la conquista da parte del cuoco di Masterchef, Joe Bastianich del «Bancarella della Cucina» la serie dei premi organizzati dalla Fondazione Città del Libro, dall’Associazione librai pontremolesi e delle Bancarelle. La manifestazione è giunta quest’anno alla decima edizione mantenendo intatti i principi che nel 2006 ispirarono la sua costituzione e cioè la valorizzazione, assieme all’opera dello scrittore, dell’immenso patrimonio editoriale dedicato alla letteratura enogastronomica del nostro Paese. Hanno presentato e condotto il «salotto» degli autori vincitori del «selezione» il giornalista, Accademico e bibliofilo Alfredo Pelle e la giornalista di Sky TG24 Letizia Leviti. Si sono contesi il premio sei volumi scelti dal Collegio degli elettori votati dai librai e da dieci esperti del settore. Lo spoglio delle sessantacinque schede pervenute al notaio Sara Rivieri ha dato questo risultato: al primo posto «Giuseppino. Da New York all’Italia storia del mio ritorno a casa» di Joe Bastianich – coautrice Sara Porro- (Utet) con 42 voti; buon secondo con 35 suffragi Alessandro Marzio Magno (Garzanti) con l’opera «Il genio del gusto»; mentre Roberta Schira con il volume «Mangiato bene?» (Salani) si è piazzata al terzo posto con 33 voti a suo favore; seguono nell’ordine «Storia della cucina italiana» di Alberto Capatti (Guido Tommasi editore) a quota 32; Paolo Marchi in gara con «XXL 50 piatti che hanno allargato la mia vita» (Mondadori) con 21 e, infine lo Chef Rubio, rappresentato dall’editor Arianna Comotti, con «Unti e bisunti (Sperling & Kupfer) che di suffragi ne ha ottenuti diciassette. Cinque sono state le schede nulle. In apertura ha portato il saluto della Città, il sindaco Lucia Baracchini mentre il presidente della Fondazione Città del Libro, Gianni Tarantola, ha ricordato come «il premio abbia superato l’età critica delle elementari per avviarsi a frequentare le scuole superiori e quindi l’universit໫il premio abbia superato l’età critica delle elementari per avviarsi a frequentare le scuole superiori e quindi l’università». Agli studenti presenti ha infine parlato il nuovo provveditore agli studi, Donatella Buonriposi. Durante la cerimonia lo stesso Gianni Tarantola ha consegnato il premio «Baldassarre Molossi» ad Alfredo Pelle che ha definito «un grande collaboratore del Bancarella della Cucina». Al termine, dopo che il notaio ha dato lettura del risultato della votazione, i sindaci di Mulazzo, Claudio Novoa e di Pontremoli, Lucia Baracchini, hanno consegnato il tradizionale «San Giovanni di Dio» a Sara Porro che ha rappresentato Joe Bastianich. Tra le manifestazioni collaterali, figura la presentazione del libro «Il diabete al tempo del cibo. Una sana alimentazione per promuovere il benessere» a cura della senatrice Emanuela Baio, (Franco Angeli Editore). La stessa senatrice e Giuseppe Benelli hanno condotto il dibattito al quale hanno preso parte esperti di gastronomia. Un convegno su «Il maiale nella tradizione italiana» ha occupato la mattinata di domenica aperto e condotto dallo scrittore gastronomo Graziano Pozzetto. Hanno portato contributi Alberto Capatti, Alfredo Pelle, Salvatore Marchese, Massimo Spigaroli, Vittorio Marcelli e Luciano Bertocchi. Organizzate dal Comune di Pontremoli insieme alla Provincia e alla Strada del Vino dei Colli di Candia e Lunigiana hanno fatto da cornice al Bancarella della Cucina le «Olimpiadi del gusto» che hanno visto impegnati, in tempi diversi, gli studenti dell’Istituto Alberghiero «Minuto» di Marina di Massa, «Pacinotti» di Bagnone, «Matteotti» di Pisa, «Leopoldo II di Lorena» di Grosseto, e «Magnaghi» di Salsomaggiore. La vittoria è andata agli allievi al «Pacinotti» di Bagnone che al ristorante del Castello del Piagnaro hanno presentato il piatto della «costata di mucca pontremolese». Alla scuola è stato consegnato come premio il «testo in ghisa» per cucinare le più svariate pietanze, in particolare i testaroli. Il libro che si è aggiudicato il premio narra di «Giuseppino» il nome con il quale la nonna Erminia lo aveva chiamato e che resiste ancora oggi. Joe Bastianich nella sua opera ci porta a rivivere, da figlio di esuli istriani, la sua lunga storia d’amore per l’Italia che ha percorso in lungo e in largo.

Cena gourmet al settimo piano della Rinascente. La mia recensione sul Corriere

A Tavola 

Da oggi a sabato, La Rinascente si trasforma in un paradiso per gourmet per «When food meeting fashion»: ogni piano ospita un evento legato al cibo, una lezione o un assaggio. Il tutto culmina domani sera con il Grand Dinner, una serata al Maio Restaurant. Si apparecchia al 7 piano dove la cena di 5 portate è orchestrata dai giovani cuochi blasonati dell’Associazione JRE e da Luca Seveso, di casa Maio. Tra gli ingredienti: stoviglie Richard Ginori 1735; una verticale di Moët & Chandon e la vista sulle guglie del Duomo. 150 euro tutto incluso, 20% di sconto su Rinascente card. Prenotare su www.rinascente.it

«La mia love story con l’Italia» E Joe vince anche da scrittore

Il restaurant man Bastianich si aggiudica a mani basse il premio Bancarella «Nell’autobiografia svelo la conversione all’italian style. Cividale per me è casa»

 

Che avesse fiuto commerciale, un buon fiuto per giunta, lo si era capito. Mica casuale, la pensata di darsi alla letteratura: se Joe Bastianich “colpisce” è per vincere, questo pare ormai assodato. Nessuno stupore, allora, nella conquista del Premio Bancarella 2015, sezione (ovviamente) cucina: “Da New York all’Italia: storia del mio ritorno a casa”, furba epopea del fenomeno Joe Bastianich appunto, si è aggiudicato il podio nella decima edizione del riconoscimento con ampio distacco dal secondo classificato (Alessandro Marzo Magno, autore de “Il genio del gusto”, edito da Garzanti) e dagli altri quattro finalisti, Chef Rubio, Paolo Marchi, Alberto Capatti e Roberta Schira. Gli oltre sessanta librai che hanno composto la giuria non hanno avuto dubbi: il “trono” era per lui, Giuseppino-Joe, ora anche fenomeno da scaffale. La Utet aveva intuito l’affare e non si era lasciata scappare l’autobiografia, scritta da Sara Porro. «C’è un uomo, dietro il personaggio che abbiamo scoperto in tv», ha ironizzato la co-autrice a margine della cerimonia di premiazione, svoltasi domenica sera a Pontremoli. Perché Bastianich, ha fatto intendere, è molto di piú – e molto di diverso – rispetto all’irruente personaggio da palcoscenico. «Quando iniziammo a scrivere il libro – ha raccontato – lo conoscevo già da due anni, ma non avevo avuto modo di approfondire i tratti della sua personalità. Il lavoro svolto insieme me lo ha permesso: mi sono trovata di fronte a una figura dalla straordinaria generosità… che “convive”, certo, con un imprenditore lucidissimo e dal forte autocontrollo, ma che, pure, crede e sa insegnarti a credere nei sogni e a scegliere con saggezza le battaglie in cui impegnarsi». La voce della star, invece, è arrivata al telefono: «Vincere il Bancarella è… fantastico! Sono felice e onorato di avere ricevuto questo premio, di tradizione e di prestigio. “Giuseppino” – ha ricordato, quindi, Bastianich – racconta la mia love story con l’Italia. Spiega come il Paese d’origine della mia famiglia mi abbia accolto con calore e sia diventato cosí, per me, una seconda casa: il successo incontrato dall’opera costruita con Sara Porro segna un altro passo, in questo percorso». Percorso partito, parecchio tempo fa, con un viaggio alla riscoperta delle origini, con la precisa volontà di contrastare quella repulsione per l’“Italian style” (a partire dal cibo) che aveva contraddistinto l’infanzia americana del ristoratore. Obiettivo raggiunto: il rigetto sfociò in apprezzamento, l’apprezzamento in innamoramento. Lo Stivale divenne il luogo del cuore, quello in cui tornare non appena possibile e, anche, in cui investire (leggasi Orsone, il ristorante chic aperto qualche anno fa a Spessa di Cividale) e tentare, non di meno, l’avventura sugli schermi: venuto a conoscenza della versione nostrana di MasterChef, Joe fece i salti mortali per aggiudicarsi un posto nel programma, con il ruolo di giudice. Ci riuscí, come noto, e si conquistò la celebrità mediatica, diventando volto familiare al grande pubblico. In “Giuseppino” c’è tutto questo. Un succulento dietro le quinte del celebre restaurant man, che rivela aneddoti e curiosità e regala chicche lessicali, racchiuse nel glossario Bastianich-italiano.

Atmosfera chic e omaggio all’Olanda in via Marghera. La mia recensione sul Corriere

A Tavola

Dopo quasi un anno dall’apertura, il cuoco italo-olandese Eugenio Boer continua a stupire con il suo Essenza (via Marghera 34, tel. 02.49.86.865), un nido accogliente (30 coperti con dehors) e molto poco milanese. La cucina minimalista è ricca di rimandi alle origini dello chef. A preannunciarlo i sontuosi amuse bouche di benvenuto: bitterballen di pollo e senape dolce come tributo all’Olanda; la tartare di salmerino come citazione di Norbert Niederkofler e la chips di risotto alla milanese e oro, omaggio a Marchesi. Da provare il cervo (quasi crudo) con salsa di mirtilli. Da 50 euro.

Bastianich superaMarzoMagno e conquista il Bancarella Cucina

Sono Joe Bastianich e Sara Porro – con “Giuseppino. Da New York all’Italia: storia del mio ritorno a casa”, pubblicato da Utet- gli autori vincitori della decima edizione del Premio Bancarella della Cucina. La premiazione si è tenuta a Pontremoli domenica. Mai in bilico l’esito della votazione che ha visto prevalere con ampio margine, nel giudizio della giuria dei librai coinvolti (oltre sessanta), la coppia dei vincitori su “Alessandro Marzo Magno”, secondo classificato, con “Il genio del gusto” (Garzanti). Chef Rubio, Paolo Marchi, Alberto Capatti e Roberta Schira gli altri autori della sestina dei finalisti presenti in sala. Emozione, a fine serata, nelle parole di Sara Porro, applaudita dal Teatro della Rosa di Pontremoli. «C’è un uomo che è molto di più dietro al personaggio che siamo abituati a guardare in televisione – ha spiegato l’autrice -. Conoscevo Joe già da due anni prima di cominciare a scrivere il libro insieme, ma il nostro lavoro mi ha permesso di scoprire una persona di straordinaria generosità. Certo, un imprenditore lucidissimo e di grande autocontrollo, ma anche una persona meravigliosa che, con consapevolezza, sa insegnarti a credere ai tuoi sogni, a scegliere con saggezza le b