INNOCENTI E MANZELLA ANALIZZANO IL PRODOTTO «IL POMODORO DEL NORD VINCE PER LA DOLCEZZA»

Lavorano assieme da trent’anni, ma imprenditorialmente vantano una storia ben più lunga. Sono Massimo Innocenti, amministratore delegato dell’azienda Spontini pizza, e Giuseppe Manzella, amministratore unico dell’azienda di pomodoro L omonima, che ieri mattina sono intervenuti in piazzaCavalli nell’ambito di OroRosso: Milano-Piacenza: andata e ritorno, due imprenditori a confronto è stato il titolo dell’incontro moderato dalla giornalista Roberta Schira che ha messo sotto i riflettori il modus operandi dei due imprenditori, ma anche i cambiamenti che nel corso degli anni hanno contraddistinto la filiera del pomodoro. «È cambiato il sapore – ha dichiarato Innocenti – 50 anni fa l’unico pomodoro apprezzato era quello di Salerno e Napoli che per i gusti di oggi è diventato troppo forte: la cucina del Nord si è fatta più leggera, il pomodoro piacentino su questo fronte è perfetto grazie alla sua dolcezza». Ma insieme ai gusti sono cambiati anche i modi di conservazione e di trasformazione di questo prodotto: «In passato la trasformazione più richiesta era quella in concentrato – ha spiegato Manzella, – ora invece è la polpa ad andare perla maggiore: basti pensare che ha sostituito anche il pelato intero, che ancora resiste solamente nel mercato del Sud Italia». Al Nord invece è diverso: la polpa conquista e in particolare lo fa grazie a un sapore delicato che poco ha a che fare con i gusti tenaci e corposi delle verdure maturate sotto il sole del Meridione. «Fra l’altro la polpa è anche un prodotto più raffinato e richiesto – ha fatto notare ancora Manzella,- per prepararne un chilo ci vuole un chilo e mezzo di pomodori». Così richiesto che infatti l’esportazione verso l’estero e in particolare tutto l’Oriente è già stata avviata dallo stesso Manzella, come ha spiegato lui stesso nel corso dell’incontro.

BEN TORNATI AL GRAND HOTEL

Per riconoscere il talento negli altri ci vuole talento. E ne hanno avuto i fratelli Roberto, Francesco, Enrico Cerea, rara concomitanza tra imprenditori e maghi dei fornelli (tre stelle Michelin) scegliendo i giovanissimi chef fratelli Lebano (Vincenzo e Antonio) per il nuovo Gallia di Milano. I due ragazzi, napoletani, sono uno dei punti di forza dell’hotel di piazza Duca d’Aosta. La loro cucina incarna alla perfezione la «filosofia Cerea»: italianità, gusto e ingredienti di prim’ordine. L’Excelsior Gallia — del Gruppo Starwood, oltre venti alberghi in Italia, proprietà dell’emiro del Quatar — parla alla memoria dei milanesi: qui si teneva anche il calcio-mercato, e non c’era celebrità che non lo conoscesse. Poi, come capita, la sua stella si oscurò: ma ora, totalmente rifatto e ingrandito da architetti italiani (studio Marco Piva), curatissimo negli arredi (500 opere d’arte) è uno dei due o tre grandi alberghi che fanno di Milano una vera metropoli. Dalla terrazza, con i cocktail orchestrati dal barman Matteo Pasolini, si gode uno dei panorami più aperti: sembra di trovarsi in un’illustrazione di Saul Steinberg, con i tram gialli che tagliano la piazza della Centrale. Nel ristorante al piano della Terrazza, con alle pareti fotografie in bianco e nero di Giovanni Gastel, si gustano piatti come risotto con scampi di Sicilia e capperi di Lipari, scampi e insalata di ovoli crudi, merluzzo d’Alaska su crema di pomodoro giallo. Pane e grissini, autoprodotti, arrivano caldi e croccanti. Al dessert, tiramisù scomposto e cannoli farciti di crema al momento, come va fatto. I fratelli Lebano lavorano con umiltà, sicuri che solo così si arriva sempre più in alto. «Oggi — dice Francesco Cerea — è facile che gli chef si montino la testa. Ma io dico sempre: non siete chirurghi, fate un bel lavoro, ma non credetevi semidei. Noi Cerea, consulenti per il Gallia, ci siamo sempre comportati con umiltà». L’umiltà dei forti, visto i successi a Brusaporto, nel tristellato Vittorio, e in tutto il mondo. Il ristorante del Gallia vanta una saletta privata, con un unico tavolo da otto o dieci posti, chiamata Maserati per omaggiare un brand italiano. Il rapporto tra la parte Belle Époque del Gallia e l’addizione architettonica verso il grattacielo Pirelli, è armonico. Le camere sono 235, di cui 53 suite, tra le quali (quasi finita) la Quatar Suite di mille metri quadrati, con Spa privata. Inaugurato da poco, il Gallia mostra già un trend in crescita. Per posizione e attrattiva, è sempre più utilizzato dai milanesi che (come succede a Londra e New York) attraversano la hall sotto il lampadario in vetro di Murano alto 30 metri per un aperitivo, un tè, un bicchiere di Franciacorta, una cena dai Lebano. Il grande hotel come contenitore di grandi esperienze, a partire da quelle gastronomiche.

UNO CHEF E LE LASAGNE DEL DESTINO

«No, non l’avrebbe mai detto mamma Michelina di Tricase, provincia di Lecce, quarant’anni fa, che le sue propedeutiche lasagne avrebbero inciso così sul mio destino, su quel figlio spilungone che dopo l’alberghiera voleva fare il pasticcere. Ma il fato aveva altri progetti su di me», così Antonio Guida, il nuovo reggente della cucina del Mandarin Orienta ricorda l’imprinting materno. Il suo pizzico di genio non sfugge a chi sa riconoscere il talento, come a un monumento della cucina francese di nome Pierre Gagnaire, che lo assegna ai secondi piatti. Antonio Guida credeva di aver raggiunto l’apoteosi con le due stelle Michelin all’Hotel Pellicano di Porto Ercole, ma per lo chef pugliese doveva arrivare la cattedra più ambita: «Quando mi hanno proposto la responsabilità del ristorante Seta e di tutto il comparto food al Mandarin Milano non ci volevo credere: una delle compagnie alberghiere più blasonate del mondo tra i cinque stelle extra lusso chiamava proprio me. Ci ho pensato molto, poi ho deciso e a malincuore ho lasciato l’Argentario. Mi mancava la possibilità di verificare la mia cucina su tutte le stagioni e declinarla su diversi ingredienti. Milano, con la direzione delle cucine di un grande albergo, mi lascia carta bianca su tutto il fronte. Di questa città amo l’adrenalina che sa infonderti. Non sopporto chi vuole stupire a tutti i costi. Farò la mia cucina classica contemporanea». A poco più di un mese dall’apertura (ma agosto non conta), i gourmet milanesi sono già innamorati del suo stile e di questo ristorante gioiello firmato dallo studio Antonio Citterio Patricia Viel Interiors, molto milanese, ma con un tocco di esotico. Dal Pellicano, Guida si porta il team di fedelissimi, il sous chef Federico Dell’Omarino; il pastry chef Nicola di Lena e una vecchia conoscenza, il mago del beverage Alberto Tasinato, che ha lavorato con Andrea Berton in ristoranti blasonati. Coraggiosi ed eleganti i suoi piatti a base di frattaglie, geniale la nobilitazione del cavolfiore, così working class nel mondo degli ortaggi. Il Seta richiama il velluto della mantecatura di un suo signature dish: risotto al nero con calamaretti spillo. Milano con Guida si fregia di un altro caposaldo culinario. Seta ci spinge a una domanda: che in futuro l’alta cucina si possa realizzare esclusivamente sotto l’ala di grandi catene alberghiere?

IL ROSSO DI MAZARA ILLUMINA IL MENU DEL GIOVANE GRAGNANO. LA MIA RECENSIONE SU A TAVOLA DEL CORRIERE DELLA SERA

A Tavola

La buona liason tra il patron Antonio Tomaino e il giovano cuoco Luca Gragnano sono il presupposto del successo di Glauco (via Maiocchi 29, tel. 02.20.24.19.73, chiuso domenica). Il locale di mare aperto solo alla sera, ma fino alle 24, è da poche settimane uno dei primi a Milano ad avere in carta, oltre a crostacei di ogni tipo, il leggendario «Rosso di Mazara», che non è un vitigno siculo, ma un gambero dalla dolcezza commovente, uno dei pochi surgelato a bordo a -50 gradi. Paste fresche corrette e un cestino del pane da Oscar. Costo medio, 50 euro esclusi i vini. Parcheggio custodito e gratuito.

UNO SPUNTINO IN MEZZO AI LIBRI IN VIA SAVONA. LA MIA RECENSIONE SU A TAVOLA DEL CORRIERE DELLA SERA

A tavola

Gogol & Company (via Savona 101, tel. 02.45.47.04.49) potrebbe essere solo un magnifico indirizzo per bibliofili alla ricerca di editori rari, ma i proprietari hanno arricchito una delle ultime librerie indipendenti trasformandola in un luogo di cultura e ristoro: dalle brioche doppio burro (riempite al momento), al tagliere di formaggi di capra del Boscasso, dal centrifugato di frutta, alle insalate greche. E poi, la birra artigianale, gli yogurt, i bagel e i taglieri con salumi di buona concezione e provenienza. Probabilmente piacerebbe al grande scrittore russo. Da 5 euro. Chiuso il lunedì, aperto dalle 9 alle 22.

I GRANDI CHEF SI SFIDANO AI FORNELLI

Chef internazionali, ricette di cous cous per tutti i gusti, grandi ospiti in concerto gratuito, arte e spettacoli in un angolo mozzafiato di Sicilia. Da domani a domenica 27 settembre San Vito Lo Capo ospiterà la 18/esima edizione del CousCous Fest, il Festival internazionale dell’integrazione culturale. Un compleanno che sarà festeggiato con un’edizione speciale. Non più sei giorni ma dieci e un programma ricco di sorprese sempre ispirato all’integrazione, alla pace e al confronto trai popoli. Un’edizione speciale per i 18 anni del Cous Cous Fest Il festival che da San Vito Lo Capo ogni anno lancia un messaggio di pace e integrazione, quest’ anno compie 18 anni. Organizzato dall’agenzia di comunicazione Feedback di Palermo, il Cous Cous Fest è una vetrina d’eccezione per la cittadina che, grazie alle sue politiche di sviluppo turistico e destagionalizzazione riesce ad attirare, a fine estate, migliaia di turisti e visitatori, decretando il successo di un progetto di marketing turistico che unisce sinergicamente un ente pubblico e uno privato con risultati che ne fanno una case history italiana. «Nata come una sagra dedicata al cous cous, piatto simbolo della tradizione gastronomica della nostra cittadina – spiega Matteo Rizzo, sindaco di San Vito Lo Capo – la manifestazione è cresciuta nel corso degli anni conquistando, edizionedopo edizione,nuovi primati: premi, riconoscimenti, visibilità internazionale e diventando sempre di più una case history di successo, tema di decine di tesi dilaurea e best practice dimaster, incontri e convegni. Oggi il Cous Cous Fest – aggiunge – è un festival internazionale capace di attirare a San Vito Lo Capo oltre 200 mila visitatori, oltre che uno degli eventi di punta del panorama regionale e nazionale che ha ricadute reali nel nostro comprensorio». Il campionato italiano di cous cous Bia Scelti tra oltre cinquanta candidati, sono sei gli chef che si affronteranno sabato 19 e domenica 20 settembre a San Vito Lo Capo nell’ ambito del Campionato italiano di cous cous, intitolato a Bia, azienda con sede ad Argenta (Ferrara), leader in Italia nella produzione di cous cous convenzionale e biologico certificato,main sponsor della rassegna. In gara Tindaro Ricciardo di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), che proporrà una ricetta di cous cous al basilico con vellutata di zucchine e caponatina nebroidea; Salvatore Lipari (Palermo), che presenterà una ricetta di seppioline e cous cous; ilmilanese Domenico Della Salandra che porterà una rivisitazione di cous cous alla norma; Daniele Zennaro, chef del ristorante veneziano «Vecio Fritolin», che preparerà un cous cous di barena; Stefano De Gregorio, chef lombardo, che proporrà una ricetta intitolata «Viaggio in Sicilia» e il catanese Ettore Moliteo che presenterà un piatto di cous cous dolce intitolato «Citruscous». A giudicarele ricette ci sarà una giuria tecnica, presieduta dalla food blogger Chiara Maci e composta dagli chef sanvitesi EnzoBattaglia, Giovanni Torrente e Rocco Pace, dall’amministratore unico dell’azienda Bia, Luciano Pollini e dalla food blogger Daniela Corso. Anche i visitatori della rassegna possono assaggiare e votare tutte le ricette partecipando alla giuria popolare. Il cous cous world championship, la gara internazionale, La gara gastronomica internazionale di cous cous, cuore della rassegna, è la sua anima più allegra e colorata. Brasile, Francia, Israele, Italia, Marocco, Mauritius, Palestina, Senegal, Stati Uniti e Tunisia si sfideranno a San Vito Lo Capo, da giovedì 24 a sabato 26 settembre. Due giurie, una tecnica e una popolare, eleggeranno i vincitori. Presidente della giuria tecnica è lo chef Claudio Sadler, due stelle Michelin. Fanno parte della giuria di qualità gli chef sanvitesi Enzo Battaglia e Giovanni Torrente, Stefania Berbenni, caporedattore a Panorama, l’inglese Micheal Day, la danese Susanne Rasmussen, Carla Icardi, direttrice del magazine Grande cucina, Marco Mangiarotti, del quotidiano «Il Giorno», lo chef stellato Giancarlo Morelli, il reporter gastronomico Fabrizio Nonis, la blogger fondatrice di Giallozafferano Sonia Peronaci e Roberta Schira, collaboratrice del Corriere della Sera. Anche il pubblico, come per il campionato italiano, può assaggiare e votare i piatti in gara partecipando alla giuria popolare. I conduttori A condurre gli appuntamenti Andy Luotto, la showgirl siciliana Eliana Chiavetta e Federico Quaranta, del duo Fede e Tinto di Decanter.

«BANCARELLA DELLA CUCINA», MARCHI E CHEF RUBIO TRA I DEI FINALISTI

Da New York all’Italia: storia delmio ritorno a casa di Joe Bastianich e Sara Porro,Unti e bisuntidi Chef Rubio, XXL. 50 piatti che hanno allargato la mia vita di Paolo Marchi, Storia della cucina italiana di Alberto Capatti, Mangiato bene di Roberta Schira e Il genio del gusto di Alessandro MarzoMagno sono ivincitori de lX premio selezione «Bancarella della Cucina». Il vincitore assoluto verrà proclamato a Pontremoli il 18 ottobre.

PIATTI VEGETARIANI A CHILOMETRO ZERO IN CORSO MAGENTA. LA MIA RECENSIONE SUL A TAVOLA DEL CORRIERE DELLA SERA

A Tavola

Prima colazione, pranzo e merende vegani e vegetariani. Da Verdi’s (corso Magenta angolo via Nirone 2, tel. 02.89.09.10.55), risto-shop artigianale ideato da Silvia Maltoni, la linea guida è il wellness food, basato su menu stagionali, dal riso Venere con pesto estivo pomodorini secchi e mandorle, alle tartare vegane con fiori di zucca e tofu e all’insalata con stracciatella di burrata. Tutto arriva da piccoli produttori di Lombardia. Da bere birra artigianale o vini da Oltrepò, Mantovano e Franciacorta. Oltre a succhi di frutta e verdura e alla versione italiana del mojito, il Verdito. Piatti tra i 5 e gli 8 euro.

DA BASTIANICH A CHEF RUBIO: I FINALISTI AL BANCARELLA CUCINA

ROMA – Giuseppino-Da New York all’Italia: storia del mio ritorno a casa (Utet) di Joe Bastianich e Sara Porro, Unti e bisunti (Sperling & Kupfer) di Chef Rubio, XXL 50 piatti che hanno allargato la mia vita (Mondadori) di Paolo Marchi, Storia della cucina italiana (Tommasi) di Alberto Capatti, Mangiato bene (Salani) di Roberta Schira e Il genio del gusto (Garzanti) di Alessandro Marzo Magno. Sono i libri vincitori del 10° premio selezione Bancarella della Cucina 2015. Il vincitore assoluto verrà proclamato a Pontremoli, in Piazza della Repubblica,venerdì alle 16, al termine dello spoglio pubblico delle schede pervenute al notaio. Nelle prossime settimane, i 70 librai associati voteranno, con scheda segreta il loro candidato alla vittoria finale.

MARZIO MAGNO IN FINALE AL BANCARELLA CUCINA 2015

PONTREMOLI C’è anche il veneziano Alessandro Marzo Magno, con il libro “Il genio del gusto” edito da Garzanti tra i vincitori del premio selezione “Bancarella della Cucina 2015”. Con lui, “Da New York all’Italia: storia del mio ritorno a casa” (Utet) di Joe Bastianich e Sara Porro, “Unti e bisunti” (Sperling & Kupfer) di Chef Rubio, “XXL 50 piatti che hanno allargato la mia vita” (Mondadori) di Paolo Marchi, “Storia della cucina italiana” (Guido Tommasi Editore) di Alberto Capatti, “Mangiato bene” (Salani) di Roberta Schira. Il vincitore assoluto verrà proclamato a Pontremoli il 18 ottobre, al termine dello spoglio pubblico delle schede pervenute al notaio. Saranno i settanta librai delle Associazioni Unione Librai Pontremolesi e Unione Librai delle Bancarelle e i dieci componenti del gruppo di esperti dal mondo della gastronomia a scegliere il vincitore assoluto. “Il genio del gusto” racconta la storia della cucina italiana ben lontana daltanto osannato chilometro zero, ma semmai costruita nei secoli a forza di contaminazioni. Sfata molti luoghi comuni (senza risparmiare pizza e spaghetti) e conferma la verve dello scrittore e giornalista veneziano, che sa trasformare in piacevole lettura anche gli esiti di una lunga e puntigliosa rice